Nel XXV anniversario di un disastro
Vallestrona, 2 novembre 1968
L'inverno
è alle porte, i primi freddi si sono già fatti sentire, da diversi
giorni piove a dirotto su tutta la vallata, oggi, in modo particolare
l'acqua cade con una violenza tipica del periodo estivo, non molto
comune per questa stagione.
Sono alla finestra ed osservo i
monti circostanti, la pioggia continua a cadere incessante e
spontaneamente mi nascono alcune riflessioni.
La nostra è una
vallata di montagna, stretta, molto ripida e scoscesa; la sua fonte di
ricchezza sono le innumerevoli industrie tessili che si sono sviluppate
su tutto il territorio. Esse si sono allocate preferibilmente in
prossimità del torrente Strona, dal quale attingono acqua da impiegare
nelle turbine per la produzione di energia elettrica e
contemporaneamente acqua da impiegare nelle operazioni di lavaggio
della lana.
Ritorno ad osservare il paesaggio alla finestra, la
pioggia cade sempre battente e sui monti circostanti si vedono scendere
a valle rigagnoli d'acqua che non si erano mai visti prima, e nell'aria
c'è quasi un presentimento.
Ormai è sera, la corrente elettrica
saltuariamente inizia a mancare, dal torrente si ode un rumore
piuttosto cupo, a monte sono iniziati i primi smottamenti, la terra
appesantita dalla pioggia è franata nel torrente trascinando le piante
e ostruendo il regolare corso dell'acqua. Il buio avvolge tutta la
vallata, la terra sotto il perso dell'acqua continua a franare
trascinando ora anche case, muri, persone ed animali. Nel torrente le
dighe formate dalla terra e dalle piante sotto il peso dell'acqua
cadono rovinosamente scendendo a valle con violenza e trascinando tutto
quanto trovano lungo il percorso. Il torrente è fuoriuscito dal suo
letto e si sta riversando sulle strade che ora sono diventate un fiume
di acqua e fango. Le fabbriche lungo il greto del torrente vengono
scalzate dall'acqua, il torrente di fango e detriti le attraversa
rovinando tutto quanto si oppone al suo percorso. I ponti vengono
travolti come fuscelli da questo fiume di fango giallo che attraversa
portando morte e distruzione in tutta la Vallestrona fino a Cossato.
La
notte è terribile. Manca la corrente elettrica, le linee telefoniche
sono interrotte e manca anche l'acqua potabile. Il pensiero di quello
che sta succedendo e i timori di ognuno di noi sono i compagni di
questa lunga notte insonne.
Ma il giungere del giorno nuovo è
ancora più angosciante, cinquantatré anime morte sotto la furia
dell'acqua, tutto attorno il lavoro dei nostri padri e il nostro è
quasi tutto distrutto. Famiglie intere senza casa, fabbriche tessili
inutilizzabili, danni incalcolabili alle opere pubbliche, isolati dal
resto del mondo con le strade spazzate dalla furia delle acque e senza
poter comunicare con nessuno. La natura in una notte di furia si è
scatenata sconvolgendo gli equilibri naturali e quelli che l'uomo
imprudentemente ha modificato nel corso degli anni.
Tito Tallia
Galoppo I1 AMA possiede un ricetrasmettitore della Labes, il modello
funzionante in corrente continua a 12 Volt; in casa l'alimentatore è
inattivo per mancanza di corrente elettrica; alle prime luci dell'alba,
collega il ricetrasmettitore alla batteria di un'automobile abbandonata
e lancia il primo QTC d'allarme e continua la sua opera sino a quando
la batteria non lo tradisce.
Giorgio Torello Viera, I1 TVG alle
primissime ore dell'alba viene invitato dal Maresciallo della locale
stazione dei Carabinieri a mettersi a disposizione prestando l'uso
delle sue apparecchiature (ricetrasmettitore autocostruito) con
telaietti della Geloso). Giorgio riempie uno zainetto con tutto quanto
può occorrere ed a piedi si trasferisce al centro Zegna, unico luogo
sopra Trivero ancora provvisto di corrente elettrica. Qui vi rimane per
due giorni consecutivi quale addetto allo smistamento di QTC con tutto
il mondo al di fuori della Vallestrona.
Come Tito e Giorgio
altri radioamatori prestano la loro opera e i loro modesti apparecchi
al servizio di tutti quelli che ne hanno bisogno; arrivano dalla vicina
Sezione di Biella e da Sezioni della Lombardia e del Piemonte,
occupando per oltre sette giorni le postazioni più critiche che le
forze dell'ordine troppo impegnate non sono riuscite a coprire.
Dopo
lo sgomento e la tristezza, seppelliti i morti si deve ricominciare a
ricostruire ed a rivivere. I Biellesi, gente dura e di poche parole,
sin dal giorno dopo senza aspettare miracolosi aiuti, rimboccate le
maniche, iniziano a ricostruire le case e a ricostruire le fabbriche
tessili, colonna portante della loro economia. Dopo sei mesi di duro
lavoro nella vallata si può sentire il ferruginoso rumore dei telai,
l'acqua scendendo dolcemente a valle aziona ancora le turbine ed è
nuovamente impiegata nei lavaggi della lana.
Alberto Genova I1VXA


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